
La notizia del giorno è senza dubbio la squalifica di tre mesi inflitta a Jannik Sinner per doping. Notizia che ha scatenato un’ondata di reazioni nel mondo del tennis, con Nick Kyrgios e Tim Henman tra i più veementi nel criticare la sentenza.
Sinner, numero 1 del mondo, era risultato positivo al clostebol, contenuto in una pomata con una quantità limitata di steroide anabolizzante, lo scorso marzo. L’International Tennis Integrity Agency (ITIA) ha riconosciuto che la positività era dovuta a una contaminazione accidentale, ma l’Agenzia mondiale antidoping (WADA) ha contestato il verdetto, chiedendo una squalifica di uno o due anni.
Alla fine, è stato raggiunto un “accordo” tra la WADA e il team di Sinner, con una squalifica di tre mesi. La WADA ha accettato che Sinner non avesse intenzione di imbrogliare e che la sua esposizione al clostebol non gli avesse fornito alcun vantaggio in termini di prestazioni.
Kyrgios ha subito espresso il suo disappunto per la decisione, definendola “un giorno triste per il tennis” e mettendo in discussione l’equità del sistema. Henman, pur riconoscendo la complessità della situazione, ha ammesso che l’accordo WADA/Sinner lascia molti interrogativi.
La vicenda Sinner solleva importanti interrogativi sulla lotta al doping nel tennis e sull’efficacia delle sanzioni. Molti si chiedono se la squalifica di tre mesi sia una pena adeguata per un giocatore risultato positivo a uno steroide anabolizzante, anche se per contaminazione accidentale.
La vicenda rischia di creare un pericoloso precedente, incentivando altri giocatori a cercare “accordi” con la WADA per evitare squalifiche più lunghe. Il tennis ha bisogno di regole chiare e di sanzioni severe per proteggere l’integrità dello sport e garantire la parità di condizioni per tutti i giocatori. Questo in estrema sintesi il pensiero (sempre se l’australiano è in grado di averne uno assennato…) di Nick Kyrgios.