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Kobe Bryant: due anni senza il gigante con un cuore italiano

Questo è il giorno in cui molti ripensano a dove si trovavano quando vennero raggiunti dalla notizia. Mike Sielski, giornalista del Philadelphia Inquirer, era andato ad accompagnare i figli piccoli a una partita di basket. Uno degli avversari del figlio aveva scritto sulle maniche, con il pennarello nero, un nome di quattro lettere: “Kobe”. Sielski scoprì poco dopo cosa era successo: il 26 gennaio 2020 Kobe Bryant, uno dei più grandi giocatori Nba di sempre, era morto in un incidente d’elicottero a Calabasas, Los Angeles. Con lui erano morti la figlia di 13 anni, Gianna, e altre sette persone.

“Non dimentichi una giornata come quella – ammette Sielski – non dimentichi una morte che ha fatto sbandare il mondo”. Sielski è cresciuto nella città dove Bryant, di ritorno dall’Italia, aveva cominciato la scalata che lo avrebbe portato nella Nba, e gli ha dedicato un libro, a metà tra il reportage e l’omaggio, The Rise – Kobe Bryant and the Pursuit of Immortality (St. Martin’s Press,), da cui emerge nella vita del Super Eroe del basket il legame costante tra Kobe e l’Italia. Non c’è solo il racconto dell’esperienza al seguito del padre, Joe, andato a giocare a Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. Di origine italiana è l’insegnante che lo ispirò a scuola, italoamericano il preparatore atletico, l’allenatore, il miglior compagno di squadra del liceo, il manager, gli amici, la cucina, i sogni, le parole…LEGGI L’ARTICOLO COMPLETO

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